A chi non è mai capitato di andare in passeggiata o fare un trekking a cavallo? E a chi non è mai capitato in quell’occasione di scattare o farsi scattare una foto in sella al proprio cavallo? Bene, sappiate che in quel momento la probabilità di replicare il famoso quadro “La firma in bianco” di Magritte è molto alta. Nel quadro del pittore belga infatti una dama in sella al suo cavallo attraversa il bosco, mentre è coperta e a sua volta copre gli alberi in un grandioso effetto ottico. Effetto non replicabile in una comune fotografia di una normale passeggiata.
René Magritte fu un pittore belga, vissuto nella prima metà del ‘900 e considerato tra i maggiori esponenti del surrealismo. Fu anche definito le saboteur tranquille, cioè il disturbatore silenzioso, alludendo alla sua capacità di insinuare dubbi sul reale, rappresentando il reale stesso con contraddizioni ed effetti ottici. Il suo periodo surrealista ha inizio con la scoperta delle opere di Giorgio de Chirico, artista italiano noto come uno dei pionieri della pittura metafisica. Nacque così in Magritte la necessità di creare da una parte universi fantastici e misteriosi, dall’altra panorami naturali basati su contenuti apparentemente indecifrabili ed enigmatici. Uno degli scopi del pittore era infatti quello di creare un “cortocircuito visivo” tramite l’impiego di numerosi effetti ottici.
Le opere di Magritte suggeriscono uno stile da illustratore, quasi infantile, in quanto il pittore volutamente non ricercava l’illusionismo fotografico. Ne “La firma in bianco” Magritte sfrutta il “completamento amodale”, fenomeno percettivo per cui il sistema visivo recepisce un oggetto come intero anche quando parti di esso sono coperte. Questo perché il cervello completa autonomamente le parti mancanti. Ovvero, l’osservatore sa che mentre la dama passa dietro agli alberi non può restare visibile. E allo stesso modo sa che la dama è sempre lì, anche se non la vede in parte o in toto. Qui Magritte viola le regole pittoriche, sfruttando le linee verticali per creare un effetto ottico per cui lo sfondo e gli alberi si confondono con la dama in maniera innaturale, ma sempre permettendo all’occhio umano di comprendere la scena. L’amazzone e il bosco coesistono e veicolano il bisogno del pittore di andare oltre l’apparenza e di mostrare la realtà come un’astrazione.