Pompei, la Villa dei Misteri: perché il cavallo è definito sauro?

L’approfondimento degli scavi di un sito già ben conosciuto attira di nuovo l’attenzione sulla ricchissima zona archeologica di Pompei: ritrovati i corpi di tre cavalli da sella appartenuti ad una figura di spicco della società dell’epoca

Napoli, 26 dicembre 2018 – Tre cavalli sorpresi dall‘eruzione del Vesuvio del 79 d.C., immobilizzati per sempre nel loro ultimo gesto e tornati visibili per noi grazie agli scavi degli studiosi e ai conseguenti consueti calchi in gesso che ci consentono di immaginarceli come erano quando esalarono l’ultimo respiro.

Sono l’ultima, centellinata scoperta che viene dalla celebre Villa dei Misteri di Pompei. Il sito è molto ben conosciuto (anche dai tombaroli), ma gli archeologi non avevano ancora scavato a fondo in questa zona che si è rivelata essere quella destinata alle scuderie: il proprietario, probabilmente un altissimo funzionario militare della città, aveva a sua disposizione quelli che sono definiti soggetti di grande taglia (ma non abbiamo al momento le misure al garrese), di cui uno bardato con finimenti molto ricchi ed importanti che proclamavano l’alto rango del proprietario e cavaliere.

Chissà, magari il cavallo (che nei comunicati stampa di questi giorni è chiamato sauro bardato: non sappiamo però come sia stato possibile determinarne il colore del mantello, visto che i tessuti molli non sono conservati) era stato preparato per permettere la fuga del padrone dalla zona dell’eruzione. Ma il vulcano e le sue ceneri, evidentemente, erano stati più veloci e hanno fermato per sempre la sua vita e quella degli altri abitanti della villa.

Una volta ripulito lo scheletro gli archeologi hanno appurato che era sellato e pronto per partire: hanno trovato i resti di placche in bronzo che ne decoravano i finimenti, l’imboccatura che indossava e una classica sella a quattro corni (tipica dell’ambito militare del periodo) oltre a quella che sembra una sacca in tela ed era posizionata tra le gambe anteriori.

Chissà, magari una musetta per la biada, l’ultima razione che doveva sostenerlo in un viaggio che si prospettava lungo e in condizioni di chiara emergenza.

A noi, come sempre in questi casi, rimane la curiosità di scoprire chi era davvero quel cavallo: chissà se sarà possibile fare le analisi del DNA e conoscerne le sue origine genetiche, al di là di qualsiasi fantasiosa ricostruzione basata su conclusioni un po’ troppo frettolose e superficiali.

Per farci un’idea in tempi più veloci, può essere utile dare un’occhiata alla statua equestre di Domiziano-Nerva che risale più o meno allo stesso periodo dell’eruzione di Pompei: ritrovata e conservata al Castello di Baia, a 50 km. dalla Villa dei Misteri e mostra un cavallo di stazza ma molto fine, dalla testa nevrile e con crini sottili, non troppo abbondanti, il profilo diritto e la pelle delicata che lascia intravedere chiaramente i vasi sanguigni sottostanti.

Bellissimi i dettagli: dal vivo si possono apprezzare addirittura le cerchiature agli zoccoli che lo scultore ha riprodotto fedelmente sotto il cercine coronario degli anteriori.

In quanto al quesito del titolo, stiamo lavorando per la nostra e vostra curiosità: perché è definito “Sauro” il più maestoso dei tre cavalli ritrovati? keep in touch, cercheremo di scoprirlo.