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Home | Notizie | Parliamo un po’ dell’Italia

Parliamo un po’ dell’Italia

Come ci possiamo considerare: ultimi tra i primi o primi tra gli ultimi? Al di là di tutto, il Campionato d’Europa di Aquisgrana ha eloquentemente dimostrato i nostri difetti: ma anche i nostri pregi 

19 Giugno 2019
di Redazione Cavallo Magazine

Aquisgrana, agosto 2015 – Domenica sera Piergiorgio Bucci potrebbe occupare una qualunque delle posizioni nella classifica finale del Campionato d’Europa (con esclusione delle prime dieci, crediamo, purtroppo… anche se nello sport mai dire mai!) ma il giudizio sulla sua presenza ad Aquisgrana non cambierebbe. Lui alla vigilia si presentava come il cavaliere più affidabile, pur con un cavallo – Catwalk – che non è considerato dai più come il suo numero uno e che invece si è dimostrato perfetto per un campionato, e infatti è l’unico dei nostri ad aver raggiunto la finale individuale. Un po’ di rammarico c’è senz’altro, perché uno dei due errori che Catwalk ha commesso nelle due manches della seconda prova (il primo, giovedì) non doveva proprio esserci, mentre il secondo – oggi – nasce da una distanza coperta non troppo bene dal cavaliere azzurro: si è visto con buon anticipo che quella barriera sarebbe caduta, ma è certo che se Piergiorgio si ritrovasse nuovamente in quella situazione difficilmente l’esito sarebbe lo stesso. Sappiamo bene che lo sport non si fa con i se e con i ma, tuttavia se oggi il punteggio di Bucci fosse 5.65 sarebbe più proporzionato al valore tecnico messo in campo dal nostro cavaliere. Che è notevole, al di là di quello che dicono i numeri: e per rendersene conto basterebbe ascoltare tra i corridoi delle scuderie e intorno alle staccionate dei campi di prova e di gara quello che di lui dicono i suoi stessi colleghi, sia italiani sia stranieri. Piergiorgio è un uomo di cavalli: lo è diventato anche attraversando momenti molto difficili dai quali è uscito perfino rafforzato e consolidato non solo nel suo tratto di atleta ma anche in quello di uomo. Ma come cavaliere ha di certo margini di miglioramento, come tutti del resto: a volte si ha la sensazione che gli manchi davvero poco per poter raggiungere il livello dei più grandi, e lui stesso per primo ne è consapevole. Se quel poco sarà colmato ne vedremo delle belle. Speriamo di vederle già domenica, ma a prescindere da questo il ragionamento di fondo non cambia.

Così come non cambia il ragionamento di fondo che riguarda le sorti della nostra squadra nel suo complesso. La classifica generale delle rappresentative partecipanti al Campionato d’Europa in effetti ci vede in una posizione assai significativa: siamo infatti esattamente nel mezzo tra le squadre di livello medio/alto e quelle di livello medio/basso (con tutto il rispetto per queste ultime, ovviamente). Siamo lo spartiacque tra due mondi: ma noi a quale apparteniamo? Siamo gli ultimi dei grandi o siamo i primi dei piccoli? Difficile dirlo, e forse non è nemmeno molto importante stabilirlo con certezza. Quello che invece è molto certo è che i nostri mali provengono da lontano, non sono una malattia improvvisa che ci ha colpito oggi. C’è chi – assimilando lo sport equestre al calcio, sotto questo punto di vista – vede la responsabilità del fallimento di Aquisgrana (fallimento nel senso di obiettivo mancato: che per noi non era il podio, bensì la qualifica olimpica) nell’allenatore, cioè in Hans Horn. Il quale certamente avrà le sue responsabilità, ma prima di tutto non è un allenatore bensì un selezionatore, e in secondo luogo è difficile pensare a binomi migliori di quelli che sono scesi in campo ad Aquisgrana. Ci poteva essere solo il dubbio se escludere o meno Giulia Martinengo Marquet con Funke van het Heike: ma evidentemente nella scelta di Horn deve aver pesato molto la doppia eliminazione del binomio azzurro a Hickstead in Coppa delle Nazioni su una riviera (in entrambe le manches) un po’ particolare e difficile. Se poi fosse successa la stessa cosa ad Aquisgrana su un qualunque altro ostacolo un po’ particolare e difficile? Giulia Martinengo Marquet è un’amazzone meravigliosa e la sua cavalla ha qualità notevolissime: ma se… ? Quando si va in un campionato internazionale i dubbi non devono esserci: o quanto meno devono essere limitati al minimo possibile.

Detto ciò,  Daniele Da Rios e For Passion sono stati di certo una bellissima realtà: nonostante le 17 penalità di oggi. E loro sono entrati in squadra proprio sotto la direzione di Hans Horn, seguendo il programma stabilito dal tecnico azzurro e partecipando solo ai concorsi pianificati per la migliore gestione del cavallo. Oggi un buon numero di penalità si sono materializzate come le ciliegine purtroppo: una è venuta sulla scorta dell’altra… Ma se è giusto ragionare sugli errori commessi oggi, altrettanto importante è tenere ben presente la qualità dimostrata ieri: l’essenziale è valutare criticità e positività in modo sereno ed equilibrato, per preservare e possibilmente incrementare un capitale indiscutibile come quello rappresentato da cavallo e cavaliere. A proposito di For Passion ci è venuta poi una curiosità: a quanti concorsi internazionali ha partecipato il cavallo nel 2015? Così è venuto fuori questo numero: sette. In ordine alfabetico: Falsterbo, Geesteren, Hickstead, Lummen, Roma, San Giovanni in Marignano (due); dei quali quattro Csio. Per estensione, abbiamo verificato anche le partecipazioni degli altri cavalli azzurri. Catwalk ha fatto dieci concorsi dei quali cinque Csio, Geisha dodici (cinque Csio), Admara quattordici (ma solo tre Csio). E’ ovvio che sono dati che dicono e non dicono: bisogna vedere quante gare sono state fatte in ciascun concorso, e anche in che modo. Poi ci sono cavalli che hanno bisogno di avere un certo ritmo agonistico, altri un altro. Però alla luce dei risultati ottenuti ad Aquisgrana anche una statistica così aleatoria acquista un suo senso. E forse spiega anche qualche perché. Emanuele Gaudiano è un cavaliere che può piacere o non piacere, stilisticamente parlando: ma è fuor di dubbio che si tratta di un atleta di primissimo livello. Lui combatte dal primo giorno dell’anno all’ultimo, senza un attimo di requie: probabilmente è il cavaliere italiano con il maggior numero di presenze in concorso all’anno, e da diversi anni. Da tempo il suo obiettivo è stare nei primi trenta cavalieri del mondo (c’è riuscito a lungo) e di partecipare ai concorsi del Global Champions Tour e agli Csi a cinque stelle più importanti: per fare ciò il ritmo deve essere serrato e ininterrotto. Ma se non si ha in scuderia più di un cavallo da alto livello è difficile essere sempre al meglio con quello stesso soggetto nei concorsi diciamo così individuali e in quelli in cui si deve gareggiare con la squadra. A volte succede di cedere un po’. Può essere accaduto questo ad Admara? Nell’anno in cui Cocoshynsky (in precedenza il numero uno di Emanuele) ha vissuto un leggero declassamento? Sia come sia il succo è uno solo: oggi come oggi o si dispone di cospicue risorse in scuderia, oppure si deve scegliere a quali obiettivi puntare. Ma nello stesso tempo è altrettanto vero che rinunciare a un Emanuele Gaudiano per un appuntamento come un Campionato d’Europa è quasi impensabile…

Alla fine i problemi (i nostri problemi) sono sempre gli stessi: in rapporto alle nazioni più evolute – agonisticamente parlando – noi abbiamo un grande difetto di risorse: continuiamo a dire che in Italia i cavalieri ci sono, che i cavalli ci sono, ma quando è il momento di scegliere per i grandi appuntamenti le possibilità si contano sempre e solo sulle dita di una mano. Se i cavalli ci sono (che alla fine quello è il problema, non i cavalieri) ma poi ci ritroviamo a dover scegliere sempre tra quattro o massimo cinque soggetti per il campionato internazionale dell’anno, allora vuol dire che c’è un grave difetto nel sistema generale, non tanto nelle scelte che fa o non fa il commissario tecnico di turno: il quale di fatto diventa solo l’ultimo anello di una catena montata male. Quindi bisognerebbe prendere in mano questa catena, smontarla e cominciare mettere a posto ciascun anello, uno dopo l’altro. Saremo mai capaci di farlo? Avremo mai le idee giuste per farlo? Avremo mai il tempo per farlo? Le risorse per farlo? Le capacità per farlo? E si badi bene: la responsabilità per fare eventualmente tutto ciò, e soprattutto per farlo bene, non sta solo nel vertice che dirige il mondo del nostro sport (qualsiasi vertice: quello attuale o qualunque altro): sta anche nella base che rappresenta l’organismo costitutivo di un corpo che di certo in questo momento non gode di buona salute…

21 agosto 2015

Tags: notizie
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