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Home | People & Horses | Marco Gheza e Ruanda, che non sono mai soli

Marco Gheza e Ruanda, che non sono mai soli

Una Haflinger di nome Ruanda, un ragazzo che i cavalli li odiava e un fratello che se n'è andato troppo presto: ma è sempre con loro

10 Giugno 2025
di Maria Cristina Magri
Marco Gheza e Ruanda, che non sono mai soli

Marco Gheza e Ruanda, per gli amici Onda - foto IMTHA

Se abitate in Nord Italia e siete interessati al Mountain Trail lo avrete sicuramente visto in sella alla sua Haflinger, insieme è da anni che praticano questa disciplina: sono Marco Gheza da Esine, in provincia di Brescia e la sua Ruanda del Fiocco.

Nel primo fine settimana di giugno hanno partecipato alla tappa regionale 3 stelle Mountain Trail IMTHA -FITETREC ANTE al GG Horse Ranch di Oppeano, in provincia di Verona. Portando a casa un sacco di coccarde; ne abbiamo approfittato per fare due chiacchiere con Marco, e conoscerlo meglio.

Signor Gheza, abbiamo visto che ha fatto un bel bottino a questo evento.

«Sì, abbiamo fatto un primo, un secondo posto e un terzo posto nelle diverse categorie Non Pro, sempre io e la mia vecchietta, Ruanda (detta Onda) del Fiocco. Lei adesso ha 14 anni, è dal 2022 che vado in gara con lei».

Onda non la tradisce mai, insomma.

«In gara mai, è sempre molto concentrata. Per assurdo è più facile che mi faccia qualche scherzo a casa. Invece fuori sente un po’ la mia agitazione e allora mi viene incontro, mi aiuta».

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In tutti i modi, in gara ottenete sempre buoni risultati: quale è il vostro segreto?

«È una cavalla che che ti dà il cuore: sto lavorando con lei da 10 anni, l’ho presa in mano quando ne aveva quattro. Avevamo iniziato con le passeggiate, un po’ di monta spagnola, andavamo in giro per le fiere a fare degli spettacolini. Le ho fatto fare anche tre puledri, poi ho avuto l’occasione di portarla da Renzo Canciani a farla addestrare. Avevo già vinto un campionato con un altro Haflinger, ma Ruanda ha vinto la sua prima gara dopo solo sei mesi di lavoro. Allora ho detto, aspetta, mettiamo giù bene un piano: perché ha del potenziale, ha testa e tanta intelligenza».

E’ di sua proprietà?

«Noi come famiglia abbiamo un allevamento di Haflinger. Ora come ora ne abbiamo 19: e Ruanda è nata da noi, l’abbiamo cresciuta noi. Tra l’altro è una discendente della prima cavalla di mio nonno, quella con cui ha iniziato l’allevamento. Quindi la stiamo tenendo un po’ come l’oro quella cavallina lì».

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La nonna di Ruanda, Contessa Calì con il nonno di Marco Gheza che è seduro sul carro, con la nonna e il fratello Nicola.

E avete anche la generazione successiva pronta, visto che ha già prodotto puledri.

«Adesso sto finendo di preparare la figlia che ha quattro anni: lunedì ho finito le gare, sto aspettando di liberarmi da un po’ di impegni per portar giù la puledra e fare con lei il Futurity e iniziare il campionato l’anno prossimo con lei».

Come si chiamava la nonna di Ruanda?

«La nonna di Ruanda (da Amour W-C) era Contessa Calì del Fiocco (da Baron Q), la sua mamma invece Gitana del Fiocco (da Ast – Zenzero)».

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Si sarebbe mai aspettato di vincere un campionato di Mountain Trail con questa vostra Haflinger?

«Sinceramente mai: né io, né miei genitori, né miei nonni o i miei zii ci saremmo mai aspettati neanche che io iniziassi a montare a cavallo, perché io i cavalli non potevo vederli».

Oggi a guardarvi sembra davvero impossibile crederlo: cos’era successo?

«E’ vero, sono cresciuto in mezzo ai cavalli eppure non potevo sopportarli. Poi purtroppo abbiamo avuto un brutto lutto in famiglia, è venuto a mancare mio fratello Nicola. Lui aveva 19 anni, io 14: il giorno dopo sono mi sono deciso, sono entrato nel box della sua puledra. Non c’ero mai entrato: l’ho guardata dritto negli occhi, lei ha fatto la stessa cosa e poi mi ha morso. Di lì è partito il nostro percorso di amore e odio, che adesso è diventato solo amore. Perché mi ha mi ha accompagnato in tantissimi momenti belli, in tantissimi momenti brutti. E se avevo bisogno di qualcuno sapevo di poter contare su di lei, e onestamente quando io mi trovo in gara non sento niente e nessuno al di fuori di noi: sento solo me, la cavalla e una piccola presenza lì, accanto a noi, che ci segue».

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La cavalla Haflinger a sinistra è Ruanda, in sella NIcola e dietro Marco Gheza, ancora bambino

E’ sempre doloroso riaprire queste vecchie ferite: grazie per averci raccontato la vostra storia, Marco.

«Ma a me fa sempre piacere poter raccontare, portare fuori un po’ la nostra storia dalla valle. Noi qua in Val Camonica siamo un pochettino chiusi, ecco: ma i cavalli aiutano me, per esempio, a mettere un po’ il naso fuori di casa. Per esempio, un’altra storia che mi riempie sempre il cuore: qualche anno fa ho venduto una cavalla a Macerata, sempre una Haflinger ma al di fuori della linea del nostro allevamento, la Zara della Lum. L’hanno comprata i ragazzi della Brigata degli Unicorni, con i quali poi è nata una bellissima amicizia. La Zara è una delle cavalle Haflinger che hanno partecipato all’Haflinger Folie dell’anno scorso a Fieracavalli, è una dei soggetti che assieme ai loro Bardigiani utilizzano per la scuola e per gli spettacoli equestri. Vado da loro alla fine del mese per stare insieme una settimana e lavorare insieme, è sempre come tornare un po’ a casa con loro».

La soddisfazione più grande che le ha regalato Ruanda?

«La vittoria nel nostro primo campionato nazionale nella categoria Limited, non pro: ma in ogni gara vedo, il lavoro che abbiamo fatto, i miglioramenti miei, quelli della cavalla, in ogni ogni ostacolo sbagliato vedo un’opportunità per migliorare e arrivare alle finali. Ma quella volta quando sono andato a metterla in box non ho vergogna ad ammetterlo, l’ho abbracciata, mi sono buttato a terra e ho iniziato a piangere».

Perché tra tutte le discipline equestri ha scelto proprio il Mountain Trail ?

«Sarò sincero, non l’ho scelto io. Nel 2018 ho avuto un brutto incidente con Ruanda: stavo provando una sella, non l’avevo allacciata bene e fuori in passeggiata, un bambino mi ha tirato una pallonata dietro il sedere della cavalla o un petardo, non avevo ben capito. Lei è partita di gran galoppo, non riuscivo a tenerla, la sella mi si è girata sottosopra e sono rimasto staffato, trascinato sull’asfalto per 20 mt. Testa scorticata e picchiata non so quante volte, trauma cranico e lì ho iniziato ad aver paura».

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Più che comprensibile.

«Nel 2020 stavo completamente lasciando il mondo dei cavalli, perché solo a mettere la sella iniziavo a sudare freddo. Poi una persona a me davvero cara, mia cugina è arrivata e mi fa “Ti andrebbe di venire a vedere una mia lezione?” Ho risposto che ci sarei andato volentieri, partiamo, andiamo da Bienno a Gottolengo. Mi presenta il suo istruttore, Lorenzo Antonini. Io sto lì a guardare l’ora di lezione e alla fine di tutto il Lore mi guarda e mi dice “Sali, fammi vedere cosa sai fare”. Io vado, metto il piede nella staffa, monto, parto. Erano mesi che non montavo più, seriamente non sapevo neanche da che parte girarmi con quella sella western a cui non ero abituato ma faccio passo, trotto, galoppo. Dopo 5 minuti mi ferma, mi guarda e fa: “Dalla prossima volta jeans e stivali”. Mi ha guardato dritto negli occhi e gli ho detto “Va bene”».

Una persona convincente, Lorenzo Antonini.

«Adesso Lore è il mio istruttore e anche il mio coach, nel 2021 ho iniziato ad andare giù a prendere lezioni, mi ha rimesso in sella e fatto prendere fiducia nuovamente nei cavalli e anche fiducia in me stesso. In quell’anno mi stavo giostrando tra gli allenamenti, la maturità, e una volta finito con la scuola sono andato a lavorare in alpeggio. Così mi facevo una settimana in alpeggio dove non prendeva il telefono, la sveglia era tutte le mattine alle sei per scendere poi al sabato e la domenica e farmi un’ora di allenamento. Al lunedì era ora di ritornare e ricominciare perché dovevo essere su prima che ricominciassero a mungere. A metà luglio mentre sono lì finisco il mio allenamento, stavo dissellando il cavallo che usavo – un mezzo Bardigiano, Spirit – e Lorenzo mi fa ‘Marco, ci sarebbe la possibilità tra due settimane di fare la gara di Mountain Trail qui da noi. Io l’ho guardato e ho detto no, non mi interessa. Torno a casa, racconto di tutto a mia mamma e lei me ne dice di ogni e “Adesso lo richiami e gli dici che la gara la fai!”. Io obbedisco».

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E’ sempre una buona cosa dare retta alle madri…

«Infatti: iI 7 agosto del 2021 c’era la tappa, una notturna. Preparo il mio cavallino e inizio a scaldarlo. Mi ritrovo dentro con gli altri concorrenti: ero il più giovane, avevo 20 anni, il più vecchio 65. Me li ritrovo lì che galoppavano facevano cambi a destra, cambi a sinistra, spin. Io lì in mezzo li guardavo e tra me e me ho detto “Ma io che caspita sono venuto a fare qua? Però oramai ho pagato e la gara me la faccio, così per divertirmi”. Era la categoria più numerosa la mia, i Novice Adult, gare e premiazioni non finivano mai ma lo speaker alla fine di tutti sento che dice…primo classificato Ghezza Marco! Quindi lì alla mia prima gara, ho vinto il mio primo trofeo».

Poi per forza che Marco Gheza ha continuato con il Mountain Trail anche con la sua Ruanda: all’inizio forse anche con troppa fretta, ma si impara anche da queste cose.

Si impara, ci si capisce, ci si sente sempre meglio insieme.

Un ragazzo come Marco Gheza, la sua cavalla Haflinger e quella presenza lì al loro fianco, che non li lascia mai.

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Lorenzo Antonini e Marco Gheza

Tags: allevatori brigata degli unicorni famiglia haflinger imtha lorenzo antonini marco gheza mountain trail nicola gheza val camonica
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