Metti un giorno che segui 220 cavalli, con i relativi cavalieri e amazzoni, che si dirigono verso il Parco urbano Pineta di Castelfusano: ma sei in macchina, con un mucchio di fotografi e video maker e un amico pugliese dalla guida parecchio ‘smart’.
Era il primo giorno ‘in sella’ del 23° Raduno nazionale di Natura a Cavallo, che si è tenuto ad Ostia dal 10 al 14 maggio scorsi.
E la gita nella Pineta era stata l’occasione di riempire la giornata che, nel programma originale, avrebbe dovuto essere quella della consegna dei doni al Santo Padre da parte dei cavalieri dell’Equiraduno del Giubileo.
Ma quella domenica è poi coincisa con la prima del pontificato di Leone XIV: impossibile entrare a Roma a cavallo a causa dell’altissimo numero di fedeli accorsi a salutarlo – e della conseguente concentrazione di agenti e forze dell’ordine nel gestirne l’afflusso.
Così la lunga, disciplinata colonna di binomi targati ‘NaC’ quella mattina si snodava su un itinerario diverso, meno epico e cittadino ma più affascinante dal punto di vista naturalistico, gli zoccoli dei cavalli che sollevavano soffici nembi di polvere dorata.
E noi dietro, in macchina, a guardarli mentre si inoltravano tra pini e lecci, in quel modo ,sospeso nel tempo e nello spazio che solo un cavallo può ancora regalarci, dento un parco che…accipicchia, dentro un parco a cui hanno appena chiuso la sbarra con il lucchetto!
Con la macchina ci siamo inoltrati all’interno dell’area protetta, non possiamo seguire i cavalli perché finisce la strada rotabile e non possiamo nemmeno uscire, perché il custode giustamente una volta passata la lunga carovana ha richiuso la sbarra, e ciao.
Siamo intrappolati lì, tra un lucchetto e 996 ettari di meravigliosa pineta che, comunque, manco possiamo avvicinare in automobile.
Che facciamo?
Scendiamo dalla macchina, intanto passa un signore in mountain-bike e ne approfitto: “Mi scusi, sa mica come possiamo fare a uscire di qui?”
“Certamente, seguitemi!”: ci illustra la zona, la situazione del parco, il perché dovremmo provare a passare da un punto dove potremo superare il fosso che delimita il campo in cui ci troviamo.
Ci scambiamo uno sguardo, la persona ci dà fiducia: lo seguiamo, lui davanti in bicicletta, noi dietro con la macchina e arriviamo al fosso che – con millimetrica precisione – ha un passaggio che permette alla macchina di passare dall’altra parte.
Scampato il pericolo di rimanere chiusi in pineta fino a chissà quando, ci rilassiamo e scambiamo due chiacchiere con la nostra guida: che si chiama Cristiano Fiorentino e, incidentalmente, di mestiere fa proprio la guida.
E per la precisione fa la guida in Botswana: accompagna gruppi di turisti nei più bei parchi nazionali, come l’Okavango.

La ciliegina sulla torta è che accompagna anche i gruppi a cavallo: insomma tra tutti gli esseri viventi che stavano passando da queste parti in bici (ed erano davvero tanti) noi abbiamo beccato esattamente quello che più faceva al caso nostro.
Cristiano ha speso tutta la vita vicino agli animali: “… tutta, da quando ho 10 anni il mio tempo più bello è quello che passo con loro, in particolare amo i cavalli ma ancora di più i serpenti, di ogni tipo: li trovo affascinanti”.
Come ha cominciato con i cavalli?
“I miei zii materni erano di Tagliacozzo, in Abruzzo e facevano i mulari: ho passato tanto tempo con loro, e altrettanto con mio nonno paterno che era maresciallo dell’Esercito, e prestava servizio a cavallo. Facevo concorsi da ragazzo poi ho lasciato, e ho ripreso i cavalli una quindicina di anni fa”.
Fare la guida nei safari non è esattamente un lavoro così diffuso, in Italia.
“Infatti la prima volta ho fatto un safari come cliente, molto semplicemente. Poi mi hanno offerto il lavoro perchè gli avevo sistemato un po’ di cavalli, portato fuori alcuni soggetti che non erano mai riusciti a utilizzare. Ho cominciato così, poi ho comprato la licenza e mi sono messo in proprio”.

Passa spesso qui nella Pineta?
“Sì, qui ho un po’ di terra e qualche cavallo: alleviamo Criollos puri, certificati e sto passando qualche giorno a casa, prima di tornare in Africa e organizzare il lavoro”.
Che cavalli si usano in Botswana?
“Per i safari sono quasi tutti derivati Arabi, o Berberi: ma al di là della razza sono molto ricercati i cavalli corti di pastorale, più affidabili come piede. In quelle zone il terreno non è molto impegnativo, tutta sabbia. Bisogna fare attenzione alle buche scavate dagli animali, alle spine di acacia ma si fanno tanto trotto e galoppo, poco passo e ogni tanto si smonta di sella e si cammina a piedi per 2 km per far riposare il cavallo. Sono raid condotti molto all’inglese, in andatura: la persona deve essere bene allenata”.
E così sognamo per un po’ la sua Africa, quella dell’Okavango: ma a cavallo, ovviamente.
