Sono tornati i gladiatori del salto ostacoli

Dalla penna di Daniela Cursi: “Sono tornati i gladiatori del salto ostacoli”, con le interviste a Roberto Arioldi, David Sbardella, Bruno Chimirri, Gianni Govoni e Vittorio Orlandi

Roma, 28 ottobre – Quest’anno, il salto ostacoli azzurro, tra le sue varie missioni aveva quella di difendere il suo posto nella Prima Divisione Europea, rimanendo tra le migliori 8 nazioni del mondo. Un’impresa che passava strategicamente per la scelta di Lummen, Piazza di Siena, Dublino e Hickstead, come CSIO validi per ottenere i punti e poi partecipare alla finale di Barcellona. Un esordio bruciato, quello subito dalla prima formazione azzurra (Bucci, De Luca, Chimirri, Sbardella e Chiaudani)  che si è vista sfumare la prima Coppa, con la cancellazione della tappa di Lummen a causa di avverse condizioni meteorologiche.

Direttamente a Roma, dunque, per lo CSIO di Piazza di Siena, ove l’Italia (Gaudiano, De Luca, Bicocchi, Bucci) ha ottenuto il 7° posto. Un piazzamento che ha lasciato deluso l’intero mondo dei tifosi, ma che ha permesso al CT federale Roberto Arioldi e ai cavalieri di prima fascia di cominciare ad aggiustare il tiro. Sì perché la stagione Nations Cup non finisce con Piazza di Siena e, quest’anno, a dire il vero, è proprio cominciata lì, nell’ovale romano. Dopo la “delusione” di Roma, arriva, però, la vittoria di Dublino. L’Italia (Chimirri, Bicocchi, De Luca, Bucci) si fa onore nel campo irlandese, richiamando l’entusiasmo generale. Segue lo CSIO di Hickstead, con un 7° posto (Bucci, De Luca, Bicocchi, Govoni) e poi l’ultimo atto del circuito con la finale di Barcellona. Qui l’Italia dei gladiatori  (Bucci, De Luca, Govoni, Chimirri) sigla una 4° posizione.

I risultati sopra citati sono, ovviamente, noti a tutti. Per questo andiamo oltre, scavando dietro le quinte, per capire cosa ha funzionato, cosa manca ancora e qual è lo spirito che aleggia tra i protagonisti del salto ostacoli 2016, tenendo d’occhio anche i risultati individuali più prepotenti, come la vittoria di Lorenzo De Luca nel GP di Dublino, quella di Gaudiano nel Global di Monaco e di Bucci al GCT di Estoril, fino ad arrivare al 4° posto di Zorzi nel GP Global di Roma e la vittoria di quest’ultimo nella prima tappa di Coppa del Mondo, recentemente disputatasi a Oslo.

Puntando per un attimo sulla Nations Cup, viene da chiedersi: come ha fatto l’Italia, guidata da un anno dal Team Manager Roberto Arioldi, a crescere così rapidamente dimostrando una solidità mai vista negli ultimi anni?

«Il valore dell’attuale team Italia – ha dichiarato Roberto Arioldi sta nella correttezza di ognuno nei confronti dei compagni di squadra, non solo durante l’anno, ma anche durante tutta la stagione. Anche quando le sfide sono individuali, anche quando si è il 5°, ovvero la riserva. Chi vuole entrare a far parte della rappresentativa azzurra in Coppa delle Nazioni deve dimenticare la parola “io” e sostituirla con “noi”. È questione, non solo di mentalità, ma di ottica con la quale mettere in pratica tutta la stagione del binomio. Rappresentare l’Italia vuol dire mettere tutte le forze in campo per partecipare al risultato comune, anche a volte sacrificando quello personale, rinunciando ai risultati individuali in funzione di quello condiviso. Ebbene, questa Italia possiede questo valore».

Come si arriva da quella che in molti hanno chiamato la “disfatta di Piazza di Siena” alla straordinaria vittoria di Dublino?

«Programmazione personalizzata per ogni binomio in avvicinamento alla sfida, tenendo presente il confronto con i cavalieri. Sono loro che conoscono i cavalli ed è con loro che va programmata la stagione. Detto questo, sono rammaricato di non essere stato presente a Piazza di Siena. Con il senno di poi, ammetto che forse il nostro gioco di sguardi avrebbe fatto la differenza».

In che senso?

«Quando si respira aria di team, come con questa rappresentativa, è più che mai necessario tenere alto il morale per allentare la tensione. Sappiamo bene quanto conti la condizione psicologica del cavaliere ai fini di una buona performance. E a Piazza di Siena, questo vale ancora di più, perché ogni anno speriamo di vincere la Coppa e interrompere questo buco nell’Albo. Per questo ammetto di essere dispiaciuto, di aver pensato che fosse giusto accompagnare i giovani a Lisbona, mentre avrei dovuto essere a Roma con la squadra».

Prossimo Obiettivo?

«Se sarò ancora io il Team Manager, l’obiettivo è focalizzato sui WEG 2018, preservando le forze attualmente a disposizione, più o meno 6 binomi, e accogliendo nuovi rappresentanti nel corso dei due anni che ci separano dai Mondiali».

L’assistente capo della Polizia di Stato David Sbardella, componente della squadra di Lummen, ha puntato il dito sull’importanza di un progetto itinerante sul territorio che valga come momento di osservazione da parte dei tecnici e come base di allenamento per affrontare le sfide di squadra. «Ho trovato molto utili le tappe del circuito di crescita – ha dichiarato Sbardella – perché rappresentano un buon allenamento dei binomi in vista di Coppe del Mondo e Nations Cup, oltre a offrire ai tecnici uno spunto per le selezioni. Affrontare una gara a due percorsi – ha aggiunto – è assai più impegnativo dall’effettuare due manche. In Coppa delle Nazioni, però, il binomio deve fare due percorsi! Ritengo quindi questo circuito molto intelligente».

Quest’anno sono tornati a rappresentare l’Italia, dopo tanti anni di assenza, due icone del jumping: Bruno Chimirri e Gianni Govoni. Coincidenza, o lungimiranza del “nuovo” tecnico?

«È difficile trovare un cavallo in grado di affrontare Coppe delle Nazioni e Coppe del Mondo. Io stesso ho fatto fatica – ha dichiarato Gianni Govoni – ma devo sottolineare che Roberto Arioldi, quando vide Antonio nelle prime gare intuì che sarebbe stato un cavallo sul quale contare e da allora ci siamo sempre coordinati per arrivare fino a qui. Roberto è coinvolto in prima persona, come se montasse insieme a noi, e se crede in un binomio gli da opportunità di crescere fornendo anche ottimi consigli. Personalmente so di poter contare su un’ottima programmazione, supportata da un buon dialogo e da piena fiducia nel Team Manager federale. Mi è tornato l’entusiasmo di rappresentare l’Italia e far parte di una squadra».

La stagione di “monitoraggio” ha preso il via con gli Assoluti. È valida questa nuova formula federale?

«Validissima, da mantenere esattamente come è stata concepita quest’anno».

Obiettivi a lungo termine?

«I WEG 2018. Possiamo puntare in alto, andando avanti esattamente così, senza cambiare una virgola».

I contributi federali per la partecipazione alle Nations Cup arrivano?

«Arrivano al massimo 15 giorni dopo la trasferta. Questo è un merito dell’attuale FISE».

Cosa manca?

«Un Tops e un Conter italiani. Lo dimostrano Zorzi e De Luca: due fuoriclasse che hanno trovato soluzioni di continuità gestionale e organizzativa. In Italia manca la mentalità in tutto, dall’allevamento alla partecipazione di grandi proprietari. Detto questo, il nostro paese è così e dobbiamo andare avanti rintracciando soluzioni che ci permettano di rimanere competitivi».

 

Bruno Chimirri punta il dito su un rinnovato sentimento di squadra. «Siamo tutti coordinati con Roberto Arioldi, dalla A alla Z – ha dichiarato Chimirri – in gara e non; da titolari o da riserve. A dire il vero, essere un team vuol dire rinunciare per primi a far parte della squadra se non si ha la certezza di contribuire al meglio nel risultato finale comune. La forza di un gruppo produce grandi risultati. Lo dimostrano nazioni forti come la Germania, i cui rappresentanti si aiutano a vicenda gioendo del risultato dell’altro, anche quando sono uno contro l’altro».

Che differenza c’è lo sport di 10 anni fa e quello di oggi?

«In generale, un livello più alto in campo, senza alcuna ombra di dubbio. Per quanto concerne me, oggi sono più maturo rispetto a dieci anni fa. Sono maggiormente in grado di formare giovani cavalli. Riguardo all’Italia, un tempo erano sempre quei 5, 6 professionisti a rappresentare il vertice, mentre oggi abbiamo un gruppo misto e possiamo contare sia su cavalieri di pluriennale esperienza che su recenti rivelazioni come Alberto Zorzi e Lorenzo De Luca».

Si può fare qualcosa in più?

«Abbiamo avuto un incontro con il Presidente Orlandi proprio su questa tematica. Ci siamo confrontati con lui, per quanto riguarda la necessità di un supporto. Nessuno di noi professionisti dorme, siamo tutti, per primi, imprenditori di noi stessi, come è giusto che sia, ma un obiettivo comune e il senso di appartenenza all’Italia (mentalità prioritaria per me), hanno bisogno di un maggior coinvolgimento federale. Noi sopportiamo cifre stratosferiche per portare avanti i cavalli, ogni stagione, senza tirargli il collo, proprio per mettere in primo piano il nostro paese e gli obiettivi condivisi con la FISE. Insieme dobbiamo puntare al podio dei WEG 2018, uniti, compatti, seri e sereni. Senza dover pensare se vendere o meno i nostri cavalli per andare avanti. Detto questo, a mio parere, bisogna anche puntare su un vivaio più qualitativo di giovani cavalli da far crescere ambiziosamente in ottica futura. Una cosa è certa, qualunque strada perseguibile per l’obiettivo di sport ad alto livello, deve essere definita e percorsa. I risultati ottenuti quest’anno sono dovuti grazie all’impegno un gruppo di persone che non ha mai perso di vista l’obiettivo. Sarebbe bello ampliare la condivisione di questo gruppo per far sì che il sistema possa cambiare e mantenersi nel tempo, per poter dire “tutto cominciò nel 2016” e non “fu un caso”».

Il presidente federale Vittorio Orlandi accoglie l’impulso di Bruno Chimirri e rilancia: «Leggo quanto dichiara Bruno Chimirri e confermo che la strada intrapresa dai Team Manager/Tecnici Arioldi e Puricelli si sta dimostrando vincente. Mi sono reso conto – prosegue Orlandi – che quello che mancava maggiormente ai nostri cavalieri era una guida vincente e motivatrice e per questo che la mia scelta è ricaduta su Roberto ed Emilio. Ovviamente oltre a questo era importante formare un grande spirito di appartenenza o di gruppo e questo è avvenuto. Oltre a ciò anche una programmazione e organizzazione appropriata. Questo però non basta pensando al futuro  ed allora abbiamo progettato in collaborazione con il MIPAAF un sistema per sovvenzionare dei cavalli giovani di 5,6 e 7 anni e oltre, sino a 12, affinché vengano formati correttamente e portati al alti livelli. Questi cavalli potranno essere poi affidati ai migliori cavalieri in base alle loro qualità o ai giovani per gareggiare ai relativi massimi livelli. Tutto ciò verrà fatto per le tre specialità olimpiche insieme al MIPAAF per i cavalli italiani e solo come FISE per i cavalli stranieri. Quanto prima uscirà tutto il progetto e la regolamentazione».