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Home | cronaca | Filiera equina: perché l’IVA del vicino è sempre più bassa?…

Filiera equina: perché l’IVA del vicino è sempre più bassa?…

C'è uno strumento europeo che potrebbe alleviare i costi che gravano sul mondo dei cavalli: ce ne parla Ferruccio Badi, presidente della Federazione nazionale Equini di Confagricoltura

1 Marzo 2023
di
Filiera equina: perché l’IVA del vicino è sempre più bassa?…

L'Iva più bassa aiuterebbe tutta la filiera equina: uniamo le forze, dice Ferruccio Badi di Confagricoltura

Varese, 28 febbraio 2023 – In campo equestre è facile ammalarsi di esterofilia: e adesso allo stile british, al country statunitense e al duende iberico toccherà aggiungere anche la fiscalità francese.

Già, perché i nostri cugini d’Oltralpe hanno recentemente raggiunto un traguardo che noi qui in Italia inseguiamo da tempo senza costrutto: l’abbassamento dell’Iva per i prodotti dell’allevamento equino  (in Francia TVA équine) dal 30 dicembre 2022 sarà al 5,5% .

Il tutto grazie a una direttiva europea del 6 aprile 2022 che però, ahinoi, non è ancora stata recepita in Italia.

Come mai?

Lo chiediamo a Ferruccio Badi, imprenditore e presidente della Federazione nazionale Equini di Confagricoltura.

“Prima occorre spiegare un po’ gli antefatti. L’IVA nel 1990 per i cavalli era la stessa che oggi viene attuata per tutti gli animali vivi, ovvero era il 10%, con una lettura di quanto accadeva in tutta la Comunità Europea. Poi in Italia è progressivamente passata al 20 e poi 22% , almeno per i cavalli non destinati al macello  su cui è applicata al 2%.  E noi di Confagricoltura abbiamo chiesto al governo in carica nel 2021 di farsi parte attiva per promuovere l’IVA un tasso ridotto”.

Cosa vuol dire l’IVA a minor prezzo?

“Prima di tutto vuol dire una maggiore trasparenza e una maggior quantità  di fatture regolari, perché con una aliquota al 5% di IVA si diminuiscono le difficoltà delle aziende  in occasione della vendita del puledro, del cavallo adulto o addestrato”.

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La Direttiva europea ora c’è, la Francia l’ha già fatta propria: e noi in Italia?

“Noi adesso chiediamo al governo di recepirla, esattamente come ha fatto la Francia così che il cavallo sportivo e da diporto, e i servizi ad essi correlati  ovvero pensione del cavallo, lezioni, addestramento, veterinari, maniscalchi e via dicendo (abbiamo aggiunto addirittura anche i trasporti) possano godere di un’aliquota che agevola gli operatori del settore, come per l’appunto da facoltà data dalla direttiva europea a suo tempo riportata nella Gazzetta Ufficiale“.

A che punto siamo adesso in Italia?

“Al momento l’IVA e ancora è ancora al  22% per i cavalli. Ed è un peccato, perché l’IVA ridotta vorrebbe dire anche la possibilità  di comprare i cavalli, ovviamente in modo giusto e corretto con la fatturazione a un importo più contenuto, di effettuare e avere accesso a servizi meno cari. Una fatturazione più contenuta premierebbe soprattutto i privati. L’aliquota del 22% significa, detta in soldoni, un quarto dell’importo in più sul costo del proprio cavallo”.

In una  congiuntura particolarmente sfavorevole, oltretutto.

“Già: nel 2022 a causa dei ben noti fattori esterni siamo entrati in una sfera drammatica per tutti gli allevamenti. Si parla del 50% in meno di produzione del fieno, di un aumento del 40-50% dei cereali e dei mangimi. Di un aumento della segatura e di tutti i prodotti lignei derivati, del 40-50%. E soprattutto ‘grazie’ alla siccità  e alla conseguente diminuzione delle produzioni aziendali si capisce che è urgente almeno usare tutti gli strumenti a disposizione per aiutare gli operatori del settore”.

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Se ci fosse già questo adeguamento di aliquota cosa significherebbe?

“Vorrebbe dire ad esempio che se avessimo avuto questa agevolazione chi fa pagare le pensioni dei cavalli avrebbe potuto mantenere gli stessi prezzi, assorbendo gli inevitabili rincari con l’aliquota più vantaggiosa”.

Cosa si può fare per ottenere questo benedetto adeguamento?

“Occorre che tutte le realtà, associazioni, federazioni ed enti di varia natura che gravitano nell’ambito equestre, ippico e allevatoriale si uniscano. E richiedano, insieme e quindi più forti, di recepire la direttiva europea. Essere divisi in infinite sigle ci rende più deboli se perdiamo il tempo ad opporci l’un altro. Sprechiamo energie che sarebbe molto più utile dedicare alla conquista di un risultato positivamente concreto per tutti”.

Altre idee per aiutare il settore?

“Noi di Confagricoltura pensiamo che sia importante sostenere gli allevatori. Anche con un aiuto per quanto riguarda costi indispensabili per cavalli che si muovono sempre più in ambito europeo, come la copertura dei costi delle vaccinazioni per il West Nile Virus. E poi a una maggiore attenzione a livello europeo, ma anche a livello nazionale, su tutti quei cavalli che non vanno nel piatto,  che facciano sport, equitazione di campagna,  equitazione con i disabili o quant’altro”.

Morale della storia?

“Le battaglie sono dure da fare in Italia. E abbiamo capito tutti una cosa importante, che le battaglie si devono iniziare in Europa. Come questo iter per l’IVA: noi l’abbiamo fatto partire dall’Europa, e il risultato è che adesso se l’Italia non vuole applicarlo  non è per colpa dell’Europa. Se non possiamo applicare questa normativa è solo colpa nostra, che non utilizziamo lo strumento che abbiamo a disposizione”.

Facciamo ancora in tempo?

“Se l’Italia vuole utilizzare questa chance  di abbassare i costi su questa tipologia di di servizi e di beni adesso è il momento giusto di farlo, perché la stagione 2023 sta iniziando adesso. E visto che si prospetta una stagione addirittura peggiore della precedente da un punto di vista agronomico, c’è veramente bisogno anche di questo. I fiumi e i laghi sono in secca, c’è già carenza idrica. Il governo deve rendersi conto che ci sono situazioni drammatiche che hanno bisogno di aiuto. Le aziende agricole italiane che lavorano con i cavalli sono veramente tante: in Italia abbiamo quasi 500.000 cavalli, sono più di 20.000 le aziende che si occupano a vario titolo di loro. Teniamo presente che il cavallo non ha solo un impatto sul settore equino, ma anche su quello agricolo: la produzione di fieno per il 60%, in Italia,  è fatta per dar da mangiare ai nostri cavalli”.

Altri effetti collaterali ne abbiamo?

“Certo: siamo anche meno concorrenziali di tutti gli altri paesi storicamente capofila nel mondo dell’allevamento equino in Europa. I nostri omologhi in Francia, Olanda, Germania, Belgio hanno già solo per questo costi inferiori ai nostri, e sono quindi più competitivi”.

In definitiva: cosa stiamo aspettando?

Speriamo di poter dare presto buone notizie in questo senso: ma perché accada, bisognerà muoversi tutti insieme.

 

Tags: aliquota iva allevamento comunità europea confagricoltura costi direttive europee ferruccio badi fieno filiera equina
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