Negli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale, quando l’Europa era un mosaico di macerie e fronti in collasso, una storia inattesa prese forma tra le foreste della Boemia: una missione di salvataggio condotta non per conquistare una città o recuperare documenti segreti, ma per mettere in salvo dei cavalli: i Lipizzani.
Da sempre simbolo dell’Alta Scuola europea, orgoglio della Scuola Spagnola di Vienna, si trovavano bloccati nelle strutture dell’allevamento di Hostau, allora sotto controllo tedesco, insieme a numerosi puledri e a cavalli provenienti da altri allevamenti requisiti dai nazisti. Il rischio era concreto: se le truppe sovietiche fossero arrivate per prime, gli animali sarebbero finiti al macello per alimentare l’esercito, come già avvenuto in altre aree del fronte orientale.
A muovere i primi fili della missione fu il colonnello Charles H. Reed della 2ª Divisione di Cavalleria americana, che comprese la gravità della situazione dopo l’incontro con degli ufficiali tedeschi disposti a collaborare pur di salvare i cavalli. Reed riportò in seguito: “We did it for the horses and for the history they carried on their backs.” Non c’era un ordine ufficiale: era un atto di responsabilità morale, un gesto di protezione verso un patrimonio culturale che non aveva nazionalità né divisa. Reed sottopose la questione al generale George S. Patton, lui stesso cavaliere e profondo estimatore dell’Alta Scuola. Patton non esitò a concedere il permesso operativo. Negli archivi militari, l’operazione venne poi descritta come “una delle più insolite azioni della guerra”.
In quei giorni Hostau era un luogo di convergenza forzata: c’erano i cavalli della Scuola Spagnola, dei riproduttori provenienti da Piber e persino cavalli confiscati alle famiglie nobili europee. A prendersi cura dei Lipizzani c’erano alcuni cavalieri austriaci, sospesi tra la lealtà all’arte e la realtà della guerra, e alcuni prigionieri di guerra, destinati al lavoro nei reparti agricoli dell’allevamento. Tutti, in quel momento, avevano lo stesso obiettivo: proteggere gli animali dall’avanzata del fronte.
La missione iniziò il 28 aprile 1945. Gli uomini della 2ª Divisione penetrarono nell’area di Hostau con una manovra rapida e precisa, favorita dal coordinamento con i tedeschi che controllavano ancora le strutture ma erano pronti a cedere. L’arrivo degli americani trasformò l’allevamento in un luogo sospeso, dove soldati di eserciti nemici lavoravano fianco a fianco per preparare il convoglio. Venne organizzato il trasporto di oltre 500 cavalli — tra cui i Lipizzani più preziosi della linea Piber — verso territori sicuri in Baviera.
Il trasferimento fu un’impresa fisica ed emotiva: un lungo viaggio attraverso strade distrutte, ponti pericolanti e zone ancora attraversate dal fuoco. I documenti dell’US Army raccontano di soldati che scortavano il convoglio a piedi, dormendo accanto ai cavalli e cercando di calmarli nei momenti più delicati. Ci furono bombardamenti a distanza, e più volte il gruppo dovette cambiare percorso. Ma nessuno si fermò. Un cavaliere austriaco ricorderà poi: “Non salvavamo solo dei cavalli. Salvavamo quattrocento anni di cultura.”
All’arrivo in Baviera, i Lipizzani furono presi in carico dall’esercito americano fino alla fine del conflitto. Molti di loro fecero ritorno in Austria già nel 1947, reintegrando la Scuola Spagnola di Vienna, che poté così continuare la tradizione della haute école classica. Patton, in una delle sue ultime note personali, scrisse di essere “fiero di aver contribuito a preservare qualcosa che la guerra non avrebbe dovuto distruggere”.
L’Operazione Cowboy rimane una delle storie più straordinarie della Seconda guerra mondiale: un momento in cui, nel caos del fronte finale, uomini di nazioni opposte scelsero di proteggere ciò che rappresentava bellezza, memoria, identità. In un tempo dominato dalla distruzione, salvarono creature che non appartenevano a nessuno e a tutti, custodi silenziose di una storia lunga secoli. È forse per questo che ancora oggi, guardando un Lipizzano in lavoro, si avverte un’eco di quella notte del 1945, quando il mondo sembrava crollare e qualcuno decise che quei cavalli dovevano vivere.
Credit Photo: https://armyhistory.org/























