Allo specchio: un Narciso chiamato cavallo

Se i cavalli avessero le dita…si gratterebbero via lo sbaffo colorato che si vedono sul muso allo specchio! Guarda il video

Ercole durante l'esperimento allo specchio
Pisa, 23 marzo 2021 – Di questo studio si era cominciato a parlare nel 2017, grazie al professor Paolo Baragli  e ai ricercatori del Dipartimento di Scienze Veterinarie e Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa Elisa Demuru, Chiara Scopa ed Elisabetta Palagi.

Lo scopo del lavoro era capire se anche i cavalli sono capaci di riconoscersi allo specchio, e la loro ricerca era stata pubblicata sulla rivista PlosOne.

I risultati non erano esaustivi ed erano stati messi in dubbio da una parte del mondo scientifico.

Ma Paolo Baragli e il suo gruppo di lavoro non si sono arresi.

E’ infatti di pochi giorni fa l’uscita su Research Gate dello studio “Se i cavalli avessero le dita: dimostrazione di auto riconoscimento allo specchio a livello di gruppo in Equus caballus”.

Professor Baragli, cosa c’è di nuovo sull’argomento cavalli allo specchio?

“Dopo il precedente articolo c’è stato un enorme dibattito nella comunità scientifica. Per molti gli animali al di fuori del gruppo dei primati antropomorfi  non avrebbero questa capacità. Per cui gli studi sulla consapevolezza di sé fatti su gazze, delfini, elefanti e nel nostro caso cavalli  hanno sempre provocato reazioni controverse”

Quale è stato nel vostro caso il motivo di discussione?

“Il fatto che avessimo fatto i primi test solamente su 4 cavalli ed avessimo ottenuto il risultato solo su uno di essi, perciò a livello individuale. Inoltre mancava la ripetizione dei dati, che è uno dei dogmi da seguire se si fanno esperimenti scientifici. L’esperimento per definirsi riuscito deve sempre potersi ripetere con gli stessi risultati”.

Quindi cosa avete fatto?

“Abbiamo progettato una sperimentazione più attenta e controllata,  ampliando soprattutto il numero di cavalli coinvolti. E questo è stato possibile grazie a Marco Pagliai, addestratore e profondo conoscitore di cavalli e sensibile a ciò che dice la scienza,  che ci ha messo a disposizione tutta la scuderia. Per una intera settimana l’ha chiusa permettendoci di  fare questi test nella situazione ideale”.

Quanti sono stati i cavalli che hanno partecipato all’esperimento?

“Su 14 che Marco Pagliai aveva messo a nostra disposizione ne sono stati testati 11. Un numero che ci ha permesso di rendere questa ricerca una prima evenienza assoluta come dato statistico di gruppo per animali che non siano primati”.

Conclusioni?

Qui abbandoniamo l’approccio scientifico per parlare terra terra. Si è visto che, se i cavalli si vedono allo specchio con un segno colorato sulla guancia, cercano di toglierlo via grattandosi o scuotendo la testa.

Questo implica, ovviamente, che i cavalli riescano a riconoscere su di sé qualcosa di estraneo, e siano in grado di apprezzare il nesso che c’è fra il loro corpo e quella crocetta colorata che gli hanno sbaffato sulla guancia.

Professor Baragli, cosa vi spinge a intraprendere questi studi sul comportamento equino?

“A volte c’è la tendenza a pensare che la scienza studi cose inutili: effettivamente questo tipo di ricerche potrebbero dare la sensazione all’atto pratico di non avere scopo.  Che interessa a noi o al cavallo di sapere certe cose, cosa cambia? Potrebbe sembrare inutile. In realtà non è tanto il riconoscersi allo specchio la cosa importante, ma questo riconoscersi allo specchio è un indizio consistente del fatto  che i cavalli abbiano consapevolezza di se come individui. E questo è uno degli elementi centrali in psicologia come  base dell’empatia“.

Perché solo questa consapevolezza di te ti permette di avere consapevolezza degli altri.

“Ma sapere che questi animali hanno dei costrutti mentali che li avvicinano a quell’empatia che permette il transfert emotivo probabilmente è utile anche dal punto di vista pratico. Quante volte abbiamo sentito o visto cavalli che, una volta cambiato cavaliere, diventavano letteralmente un altro cavallo, si comportavano in modo completamente diverso? Si trasformano, ed è importante per noi essere consapevoli dei meccanismi che ci sono dietro. Perché forse allora oltre alla tecnica, c’è di più”.

Nel video potete vedere Ercole, uno dei cavalli di Marco Pagliai che avevano partecipato all’esperimento e che purtroppo qualche settimana fa è mancato.

Una dedica particolare a Ercole è stata fatta alla fine dell’articolo scientifico, con un affettuoso “Ercole, in loving memory”.

Ci uniamo al ricordo di questo cavallo, dagli occhi così dolci.