Le pattuglie a cavallo dei Carabinieri: sotto le stellette, tanto addestramento

Le stesse domande sull’addestramento dei cavalli poste alla Polizia di Stato le abbiamo rivolte – ovviamente – anche ai Carabinieri: perché di angeli custodi a quattro zoccoli ne abbiamo anche nell’Arma

Roma, 1 novembre 2018 – Li vedete spesso per le nostre città, così corretti ed eleganti che ti fanno sentire l’orgoglio di sapere che sono tuoi, nostri, e ci rappresentano: sono le pattuglie a cavallo dei Carabinieri, utilizzati dall’Arma anche per i servizi di controllo del territorio in zone isolate delle regioni più impervie e difficili da raggiungere. Come nascono questi binomi?  lo abbiamo chiesto al comandante dello squadrone ‘di colore’ (sauri, bai e morelli) del Gruppo Squadroni Pastrengo, capitano Matteo Giansanti.

Comandante Giansanti, chi sono i vostri cavalli?

«Sella Italiano, Lipizzani, Murgesi, Maremmani, Salernitani, Persano e altre razze straniere: sono comunque tutti cavalli nati in Italia».

Quali sono i compiti che dovranno affrontare?

«Battute e rastrellamenti in aree impervie, pattugliamento di aree boschive e aree urbane per l’ordine ordine pubblico e le occasioni di rappresentanza, il nostro Carosello Storico e anche l’avvio dei nostri atleti all’attività sportiva».

Quali sono le caratteristiche caratteriali e morfologiche che devono possedere?

«Docilità, coraggio e versatilità. Per quanto riguarda l’aspetto fisico, i soggetti Mesodolicomorfi – mesomorfi sono più utilizzati per pattuglie e caroselli mentre i Mesobrachimorfi hanno come campo principale di operazione l’ordine pubblico. Devono avere un’altezza minima al garrese di mt. 1.60 e dare prova di resistenza fisica anche in ambienti estremi».

Quale è l’addestramento di un cavallo da pattuglia?

«Sottoponiamo gradualmente il cavallo ad innumerevoli agenti esterni perché impari a tollerarli e rispondere agli stimoli. Poi i quadrupedi vengo trasferiti al Gruppo Squadroni ove si provvede a ultimare l’addestramento per l’impiego esterno. Raggiunto un livello base di desensibilizzazione si procede ad una fase di istruzione avanzata, integrata da scenari operativi all’interno delle nostre strutture. Vengono applicate le tecniche di intervento operativo con l’ausilio del cavallo, tecniche di identificazione ed immobilizzazione di facinorosi ed in ultima fase l’addestramento per i servizi di ordine e sicurezza pubblica in Squadre composte da 10 binomi, che nelle fasi finali dell’istruzione integrano i dispositivi dei reggimenti/battaglioni mobili. L’addestramento è sempre graduale, costante nel tempo e mutevole nella simulazione degli scenari operativi».

Chi è che si occupa della loro formazione?

«Il Centro Ippico del nostro 4° reggimento nelle fasi iniziali e di perfezionamento, il Gruppo squadroni per l’impiego operativo».

Quanto dura l’iter formativo di questi cavalli prima di poterli definire operativi?

«6-12 mesi, dipendenti ovviamente dal grado di apprendimento del cavallo».

Come si svolge la vita quotidiana di questi cavalli, una volta entrati in servizio effettivo?

 «Vengono utilizzati a giorni alterni per i servizi di pattugliamento ed ordine pubblico (2-3 volte a settimana), nei restanti giorni sono impiegati in addestramenti periodici di ricondizionamento e formazione dei militari di nuova assegnazione al Reggimento, assicurando almeno un giorno a settimana di riposo».

Quali sono le difficoltà che più spesso si incontrano durante l’addestramento?

«Come tutti sappiamo i cavalli non sono macchine ma esseri viventi e pensanti: i nostri istruttori collaborano con essi nella reciproca comprensione che deriva dal rapporto personale che si instaura tra loro. Non tutti i cavalli sono uguali, quindi i preparatori devono saper aspettare i cavalli con più difficoltà nell’apprendere ed avere pazienza con i cavalli più caratteriali ed ombrosi. L’obiettivo è avere un cavallo facile, leggero, che abbia una buona e semplice cavalcabilità. Si effettuano delle verifiche con cavalieri meno esperti, e quando si trovano delle resistenze o difficoltà i nostri istruttori valutano se fare un passo indietro nelle richieste e riprendere progressivamente l’istruzione o interrompere la sessione. È il cavallo che ci guida nel lavoro a seconda del suo stato emotivo rendendo così il lavoro giornaliero più interessante ed eterogeneo, tenendo comunque sempre in primo piano gli obiettivi da raggiungere. Non è un caso che per noi i cavalli siano dei colleghi».

Quali sono invece i problemi più significativi che possono incontrare nel lavoro di pattuglia?

«Generalmente all’atto di una eventuale identificazione e fermo di polizia a carico di soggetti in stato di alterazione. A volte ci si accorge dopo molto tempo di paure immotivate da parte dei quadrupedi come, ad esempio, non temere i camion ma avere la fobia delle auto elettriche: su questi casi occorre ricominciale le attività addestrative con estrema gradualità».

E a  conoscerli meglio sono ancora più nostri, non vi pare?