Un anno di viaggi e pellegrinaggi, questo 2025 del Giubileo della Speranza, sulla Via Francigena e non solo: anche a cavallo ovviamente, ed è bello che la meta comune unisca i passi, i pensieri e le esperienze di tante persone diverse.
Magari separate da una frazione,grande o piccola, di tempo: ma che hanno condiviso comunque una esperienza che non potrà lasciarli senza impronte.
Alessandro Bellandi ci racconta quella del suo gruppo, che in 18 tappe, dal 22 agosto all’8 settembre 2025 ha percorso i 500 km che separano Pisa da Piazza San Pietro: arrivando sino a lì, nel cuore di Roma.
Alessandro, un viaggio davvero notevole: 500 chilometri a cavallo in 18 giorni. Com’è nata l’idea?
“Tutto è cominciato perché quest’anno è l’anno del Giubileo. Venticinque anni fa, da Pisa era già partito un gruppo di cavalieri diretti a Roma, ricevuti poi dal Papa. Alcuni di loro oggi sono anziani, ma nel nostro gruppo c’erano i figli di chi aveva partecipato allora. Abbiamo voluto passare simbolicamente il testimone: con noi c’erano una ragazza che ha compiuto diciotto anni proprio entrando a Roma e il figlio di uno dei partecipanti di venticinque anni fa. È stato un modo per dire: magari tra altri venticinque anni saranno loro a rifarlo”.

Da dove siete partiti e qual è stato l’itinerario?
“Siamo partiti da San Piero a Grado, vicino a Pisa, dalla basilica. Da lì abbiamo raggiunto Ponte a Cappiano, dove abbiamo imboccato la Via Francigena fino a Roma”.
Quanti eravate e come vi siete organizzati dal punto di vista logistico?
“Eravamo otto tra amazzoni e cavalieri. Avevamo un furgone e un trailer di supporto, con tutto il necessario: mangimi, farmaci, mascalcia. C’era anche un camper che seguiva le tappe, guidato dal nonno di un ragazzo di 16 anni che viaggiava con noi con il suo mulo, Nino. Nonostante la non giovanissima età, Nino è arrivato fino in fondo: un vero eroe!”.

Qual è stato lo spirito con cui siete partiti?
“Il viaggio aveva un senso di fede e di continuità, ma anche di amicizia e di passione per il cavallo. Volevamo vivere un pellegrinaggio vero, in cui l’affidarsi alle persone che incontri diventa parte del cammino. Alla fine, sono proprio le persone a fare il viaggio: incontri chi non ti capisce e chi invece ti accoglie come un fratello”.
Avete trovato difficoltà nel passaggio attraverso i vari territori?
“Sì, in alcuni posti. A Pisa, per esempio, i Carabinieri mi hanno fermato sull’Aurelia anche se avevo tutti i permessi; a Fucecchio invece i vigili ci hanno accolto dicendo “Vi aspettano per pranzo, buon viaggio!”. A Buonconvento inizialmente non volevano farci entrare, poi quando hanno capito che venivamo da Pisa diretti a Roma ci hanno aperto le porte. A Siena invece abbiamo deciso di non entrare: è una città di cavalli che però non vuole cavalli, e non volevamo rischiare di rovinarci il viaggio”.
E l’ingresso a Roma? Avete avuto permessi particolari?
“Abbiamo giocato la carta del pellegrinaggio, come singoli pellegrini a cavallo lungo la Francigena. È stata una grande soddisfazione, anche se non è una cosa che si può replicare facilmente”.
Come è stata l’accoglienza lungo il cammino?
“In molti posti commovente. A Sutri, per esempio, ci hanno fatto entrare nell’anfiteatro romano, normalmente chiuso, e ci hanno consegnato il testimonium. A Rocca d’Orcia il presidente della Pro Loco ci ha ospitato nei suoi terreni per non farci bagnare. A San Quirico, dove tutto è costosissimo, ci hanno dato un appartamento e posto per i cavalli a 20 euro. A Ponte d’Arbia abbiamo condiviso il pasto con altri pellegrini e associazioni di beneficenza. Ti senti parte di una comunità, anche se non li conosci”.

Dal punto di vista equestre com’è andata?
“Benissimo. I cavalli erano preparati e in ottima forma. Solo qualche piccola fiaccatura dovuta al caldo, curata con pomate e attenzione. Abbiamo mantenuto medie di circa 6 km all’ora fino a Roma. Dopo 18 giorni di viaggio li abbiamo riportati a casa sani, felici e persino con energia da vendere: il mio la sera correva libero nel paddock”.
Dal punto di vista del percorso, la Via Francigena com’è per chi viaggia a cavallo?
“È segnalata molto bene, soprattutto nel Lazio. In Toscana però mancano punti acqua, cosa importante per i cavalli: un abbeveratoio lungo la strada ti fa sentire “a casa”. Nel Lazio invece ce ne sono molti, anche se aumenta la percentuale di asfalto, e quello è un problema di sicurezza, sia per noi che per i pellegrini a piedi”.
Avete trovato differenze fra Toscana e Lazio?
“Sì. Nel Lazio c’è più attenzione alla manutenzione e più fontanili. In Toscana invece c’è qualche tratto chiuso o poco praticabile per i cavalli. Per esempio, tra Acquapendente e Proceno alcuni campi sono stati recintati per i cinghiali, e ci siamo ritrovati su strade asfaltate pericolose. Sarebbe utile un censimento dei punti di sosta e delle strutture amiche dei cavalli lungo la Francigena”.

Un episodio che ti è rimasto nel cuore?
“Tanti. Uno, in particolare: a San Pietro, quando alcuni compagni che si dichiaravano atei si sono inginocchiati davanti alla basilica, senza sapere nemmeno perché. È stato un momento fortissimo. Oppure l’incontro con il parroco di Roma, padre Felice, e con padre Agnello Stoia, il frate che celebra a San Pietro: persone che ti fanno capire cosa vuol dire davvero la fede”.

Il momento dell’arrivo a Roma: che cosa avete provato?
“Emozione pura. Dopo diciotto giorni insieme, la prima sensazione è ‘“’…ce l’abbiamo fatta, torniamo a casa’. Ma la sera, quando ti fermi e realizzi, arriva l’altra: ‘Abbiamo davvero fatto qualcosa di grande’. Vedere i cavalli felici e in forma è stata la soddisfazione più grande”.
Cosa ti porti a casa da questa esperienza?
“La conferma che un viaggio del genere non è solo sport o avventura: è un atto di fiducia. Nelle persone, negli animali, in Dio. E anche la consapevolezza che si può dare qualcosa in cambio: sto scrivendo una relazione tecnica sulla Francigena per segnalare punti di sosta, criticità e soluzioni. Credo sia giusto restituire un po’ di quello che abbiamo ricevuto”.
Secondo te come si può migliorare la Via Francigena per chi viaggia a cavallo?
“Servirebbe ascoltare di più chi la percorre davvero. Spesso ci sono fondi regionali spesi male: poste senza acqua, infrastrutture inutili. Con qualche relazione tecnica in più e qualche convegno in meno si farebbe molta più strada”.
Perché la Francigena sarà lì anche il prossimo anno, e tra altri 25 anni: e la nostra speranza è (anche!) che questi racconti servano a migliorarla, per il bene di tutti quelli che la percoreranno in futuro.
I protagonisti del viaggio lungo la Via Francigena
Massimiliano Donati, 52 anni – cavalla Zara, razza Catria, 5 anni, addestramento da trekking
Sara Donati, 17 anni – cavalla Gisella, razza Siciliana, 19 anni, addestramento western
Mirco Piacquadio, 40 anni (Pisa) – cavallo Torbellino, razza Anglo-Ispano Arabo, addestramento da lavoro maremmano/vaquera
Alberto Fiorilli, 29 anni – cavalla Gemma, 7 anni, addestramento in monta maremmana
Serena Bencic, 34 anni – cavalla M. Imola della Roccaccia, razza Maremmana, 7 anni, addestramento in monta maremmana
Serena Bargagna, 49 anni – cavallo Benito, 13 anni, doma e addestramento maremmano
Alessandro Bellandi, 42 anni – cavallo Libeccio, razza Maremmana, 6 anni, addestramento maremmano
Dario Cozzani, 17 anni – mulo Nino, 17 anni, addestramento in monta maremmana
Jonatan Rombolà, 47 anni – responsabile dell’assistenza e maniscalco del gruppo
Samantha Fazio, 36 anni – accompagnatrice a terra
Alexia Deri, 23 anni – assistente da terra
Averaldo Palla, 58 anni – supporto logistico a terra
Franco Rossi, 82 anni – assistente e portavoce, nonno di Dario e “nonno di tutti”
Giampaolo Gravilli, 67 anni – assistente
E dulcis in fundo Lux, pastora Australiana di 10 anni, in viaggio con mezzi propri.
