Questa storia ha anche i cavalli come protagonisti, ma solo ‘di striscio’: perché Giancarlo Boschetti ne ha diversi di razza Appenninica tra i suoi animali, ma le vere protagoniste della sua vita sono le pecore Massesi.
Boschetti è figlio, nipote e pronipote di pastori: a Tavernelle di Massa Carrara si tramandano da generazioni questolavoro duro e impegnativo ma che può essere bellissimo per chi non ha paura di fatica e freddo.
E’ appena finita la transumanza di ritorno dai pascoli alti in Lunigiana, che Boschetti trascorre sull’Appennino parmense, alle pendici del Monte Navet: era lì dai primi di giugno, come sempre.
Con lui le sue pecore e i cavalli, che hanno percorso gli antichi tratturi usati da sempre dai loro antenati.
E che attraverso il Passo della Tacca portano a quei prati incredibili, dove l’erba ricca e l’abbondanza d’acqua garantiscono quattro mesi della vita più felice possibile per una pecora, e anche per un cavallo.
Come accade sempre più spesso, vista la rarità del lavoro che svolge, sono molti i colleghi che ne aspettano il ritorno in paese per intervistarlo.
“Ormai conosco ogni angolo di quelle vallate – ha spiegato Boschetti ad alcuni di loro – ed anche quest’anno ho trascorso l’estate dormendo sulla mia roulotte, che rappresenta un po’ il mio quartier generale di montagna. Come è andata la stagione? Molta pioggia, con tuoni e saette che mi battevano vicino ed i miei cani spaventati che mi stavano accanto; però il giorno dopo tornava il sole ed era uno spettacolo vedere il mare di teste lanose delle mie pecore di razza Massese sparse a brucare l’erba fin sulle balze più alte”
Problemi coi lupi?
“No, durante il giorno non perdo un attimo di vista i miei animali; il pastore deve seguire costantemente il proprio gregge. Ho 4 border collie ed un pastore Apuano per spostare le pecore: non voglio i cani da guardianìa, i pastori Maremmani lo so che fronteggiano il lupo, ma mandano all’ospedale anche gli sfortunati escursionisti che si inerpicano sul Navert…A fare «il Maremmano» ci penso io. Di lupi, quest’anno non ne ho visti, ma ci sono eccome e tutti i giorni trovo le loro tracce su pascoli e sentieri, però da pastore devo dire che preferisco il lupo ai cinghiali”.
Come mai?
“Mi spiego , questi ultimi sono davvero una calamità: distruggono tutto il cotico erboso dei pascoli, sono come dei carri armati, dove passano loro non cresce più erba ed è un problema dove far pascolare le pecore. I cinghiali sono una rovina per il nostro ambiente”.
Nella sua famiglia fare il pastore è anche una tradizione: ma ci sono ragazzi che vengono da altre realtà che vorrebbero fare questo lavoro?
“Si ci sono, però questa professione non è da ‘«’mondo delle favole’: è una vita dove bisogna lavorare sodo dal mattino presto fino a tardi. Basti dire che in tutta l’estate ho fatto un pomeriggio di festa: il 16 Agosto per San Rocco, patrono del paese, quando sono tornato a Tavernelle e con mia madre 91enne e i miei familiari siamo andati a pranzo al ristorante”.
Chi l’aiuta per la transumanza e durante il periodo di alpeggio?
“Ho amici del posto che mi vengono a trovare e mi danno una mano; e naturalmente c’è mia moglie Claudia, che il mattino viene su in macchina a fare formaggio e ricotte e poi le porta giù a valle: un lavoro il suo fondamentale, e impagabile. Come da tradizione, ieri l’altro al rientro dalla transumanza mi sono fermato a Rigoso nella Locanda «Da Mirka» dove ho invitato a pranzo i miei amici e conoscenti di lassù,nel parmense. Adesso sono rientrato ‘all’ombra delle Apuan’ e domenica prossima provvederemo a tosare le pecore prima dell’arrivo del freddo”.
Com’è andata la produzione di formaggio di questa estate?
“Di grande qualità, ottimo perché le pecore avevano erba di montagna ed acqua di fonte a sazietà. Sì, la mia vita è dura ed impegnativa, ma questo mestiere ce l’ho nel sangue e devo dire che, ora che ho fatto rientro in famiglia, mi sento un uomo soddisfatto e soprattutto felice”.